Né oro né Carbone

 

Ora sei rimasto solo in Ticino, ma sei diventato una persona adulta. A volte ho l’impressione che tu sia più un fratello minore che mio figlio. Non volermene!

Così a Carlo gli aveva scritto suo padre dall’America a guerra finita. Un timido vento di pace soffiava sui continenti. Gli ultimi focolai di peste bubbonica si spegnevano e la gente curava le proprie ferite con le lacrime, portando fiori ai morti.

Raramente suo padre l’aveva tenuto in braccio, e quelle poche volte l’aveva subito rimesso a terra o ridato in braccio alla nonna, come se scottasse. Né suo padre né i suoi nonni, prigionieri di un passato troppo lontano dal suo presente, l’avevano iniziato alla vita. Suo padre tornava a trovarlo solo una volta l’anno, ma durante la Grande Guerra aveva preferito rimanere lontano dall’Europa in fiamme.

Dopo un lungo silenzio suo padre gli propone di raggiungerlo in Messico, dicendogli: se verrai non dimenticherai più il colore rosso scarlatto del deserto, gli ululati del coyote e la falcata del puma.

Per Carlo sarà l’opportunità per riallacciare le relazioni affettive con il padre. Sarà un viaggio avventuroso che dal provinciale Ticino, come tanti emigrati, lo condurrà attraverso l’Italia per imbarcarsi su di un piroscafo spagnolo a Genova. Dopo numerosi scali raggiunge il porto di Tampico, luogo d’inizio del viaggio sul continente americano. Affronta tante peripezie, mentre gradualmente s’inserisce nella cultura più profonda messicana, in un clima di fine guerra civile, con i rapporti con la Chiesa Cattolica in crisi. Sarà pure l’incontro di un nuovo amore, e un viaggio avventuroso nelle viscere della terra, in miniera, dove l’oro è padrone.